LO  SPARVIERO

Copyright © 1999-2000 Baldovino Midali

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Quando passeggiamo nei nostri boschi di montagna non pensiamo mai alle tragedie che si nascondono dietro le molteplici vite dei suoi abitanti.

Siamo generalmente attratti dalla luce spezzata che attraversa le fronde, dalle presenze silenziose dei fiori, che ricamano il manto irregolare del sottobosco come un arazzo, e dai suoni misteriosi, dalle voci appena sussurrate dell’acqua che gioca tra i massi o dai richiami amorosi, spesso di allerta, degli uccelli che lo abitano, lanciati in gran segreto per non rivelarne la provenienza.

Qualcuno però sta in agguato tra i rami, pronto a ghermire le ignare vittime che entrano nel suo campo visivo; vite spezzate per dare la vita, che lasciano drammi alle spalle.

Tra questi predatori, è frequente da noi, sulle Orobie, lo sparviero.

È un classico rapace di bosco, un rapace definito di "basso volo" in quanto non caccia le sue prede in terreno libero intercettandole dall'alto con l'acutissima vista, ma cerca di sorprenderle tra la vegetazione, e le insegue con volo agile e velocissimo.

Sceglie, per queste azioni di guerra, un posatoio situato in posizione elevata, e resta in attesa. 

Ciò che lo spinge a sferrare l’attacco,  in questa specie come nelle altre che cacciano con volo radente approfittando delle asperità del terreno per non farsi scorgere, è il movimento delle prede; l'azione viene quasi sempre portata dal basso verso l'alto e da dietro, sfruttando l'angolo morto del campo visivo della vittima.

Questa sua destrezza quasi acrobatica gli è favorita dalla particolare conformazione delle ali, che sono corte ed arrotondate per permettergli un battito rapido e veloce, e dalla maggiore lunghezza della coda, che gli permette rapide e improvvise virate.

Sfreccia deciso tra i rami e pensa a ghermire.

Il nome del genere  “accipiter”, a cui appartiene lo sparviero, deriva dal latino “accipere”, cioè  “prendere”, “afferrare”; forse per distinguerlo dai falchi veri e propri, come il Pellegrino, che nell’azione di attacco alla preda tendono immediatamente ad uccidere, conficcando nel cuore della vittima la terribile unghia assassina del primo dito artigliato.

Il colore delle sue piume, in cui domina fortemente nella regione dorsale il grigio-bruno, presenta fini barrature orizzontali scure nella regione ventrale, che si presenta biancastra con sfumature rossicce nei maschi; questo gli permette di mimetizzarsi egregiamente tra le ombre e i chiaroscuri della vegetazione, e di poter sorprendere quindi, da posizione favorevole, le sue vittime.

Le sue prede favorite sono gli uccelli di piccola e media dimensione, ma non trascura anche piccoli mammiferi che entrano per disavventura nel suo raggio d'azione.

È presente nei boschi della fascia pedemontana e montana, e nel periodo del passo autunnale e primaverile se ne contano in maggior numero in quanto seguono le rotte degli uccelli migratori, un po' come fanno molti altri predatori alati.

Nidifica regolarmente nella fascia montana al di sopra dei 1600 metri, nei boschi di conifere o misti, ma lo troviamo anche in territori collinari, dove frequenta  boschi di latifoglie.

I territori di nidificazione sono occupati dalle coppie all’inizio della primavera, e segnalati con grida e voli nuziali.

Il nido viene costruito in maniera non troppo curata nel bosco, magari recuperando un vecchio nido di scoiattolo, all'inizio della primavera, e la cova inizia  nelle prime settimane di aprile.

Le uova deposte sono generalmente 4/6 e l'incubazione, cui provvede la sola femmina, dura circa 5 settimane; al termine i piccoli nati vengono accuditi e svezzati da entrambi i genitori: il maschio occupato nella caccia, e la femmina al nido per la distribuzione delle razioni.

La mortalità dei piccoli è molto elevata, tanto che più della metà di essi non superano il primo anno di vita.

Da una sommaria osservazione, per la forma, la colorazione e le abitudini arboricole potrebbe sembrare un astore in miniatura; e anche la sua ferocia e la sua aggressività ci richiamano il cugino maggiore, tanto che fin dall'antichità anch'esso è stato utilizzato in falconeria, destinandolo alla piccola caccia.

Già nel XII° secolo Federico II, nel suo trattato sulla falconeria,  lo riportava tra le specie che possono essere utilizzate per tale tipo di caccia, lasciata però al popolo, e riteneva che fosse tanto più bello quanto più assomigliava, nelle tinte del piumaggio, all'astore.

La loro posizione all'apice della catena alimentare li espone notevolmente all'accumulo di sostanze tossiche derivanti dalla predazione di molti uccelli che hanno accumulato nei loro tessuti tali sostanze, assunte attraverso l’alimentazione a base di sementi trattate con pesticidi;  in qualche soggetto tale forma indiretta d’inquinamento può addirittura provocare la sterilità.

 

Flavio Galizzi

SCHEDA

SPARVIERO

Nome scientifico: Accipiter nisus

Dati biometrici:

Lunghezza: 30/38 cm.

Apertura alare: 61/79 cm.

Peso: 200/340 g.

Dai dati biometrici emerge subito che anche nello sparviero, come nella maggior parte degli uccelli rapaci, la femmina sia decisamente più grossa del maschio, fino ad almeno una volta e mezza.

L'iride, la cera e le zampe sono gialle;  le dita sono molto lunghe, proprio per permettere di ghermire con più facilità le prede e ucciderle velocemente

GALIZZI FLAVIO

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