Il Cervo 

 

Copyright © 1999-2000 Baldovino Midali

 

Il patrimonio faunistico della nostra Valle si sta pian piano arricchendo di nobili speci, e finalmente possiamo affermare che anche il Cervo [Cervus elaphus] è presente stabilmente in alcuni territori della Valle Brembana, con nuclei strutturati, anche se stenta un poco ad affermare la sua presenza in maniera veramente significativa.

I dati storici della sua presenza si fermano alla fine dell’ottocento, quando, nel dicembre 1898, in territorio del Comune di Camerata, fu ucciso quello che probabilmente fu l’ultimo cervo presente in Valle Brembana. Un altro, abbattuto  a Foppolo nel 1911, proveniva presumibilmente dal territorio della Valtellina, dove sono sempre stati presenti.

Una stima vera e propria della sua consistenza non è ancora possibile, in quanto non vengono ancora effettuati veri e propri censimenti, comunque assai difficili nel nostro territorio altamente boscoso. Ci si accontenta delle osservazioni e degli avvistamenti casuali, i cui dati, anche se non organici ed a volte imprecisi, ci danno comunque un quadro della situazione piuttosto favorevole.

Piccoli nuclei sono presenti ormai da qualche anno in diverse zone, come in val Parina (Ortighera – Portiera), nella zona del Monte Secco, nella zona di Foppolo, nella zona del Faino – Gambetta e presumibilmente anche in altre zone, dove comunque la loro osservabilità resta assai difficile.

Dalle esperienze che si possono desumere, prendendo come esempio territori dove la loro espansione recente è stata molto significativa e veloce, come in alcune vallate piemontesi, la loro consistenza, anche in Val Brembana, è al di sopra di quelle che possono essere anche le più rosee previsioni. Scopriremo presto, tra pochi anni, che questo splendido ungulato selvatico è ormai diffuso non più a macchia di leopardo, ma in maniera organica e capillare su tutto il nostro territorio, e a quel punto il problema della sua gestione diverrà impellente.

La specie

Il Cervo [Cervus elaphus] è presente in Europa con almeno sei sottospecie. Quella che vive in Italia, il Cervus elaphus hippelaphus, è la più diffusa, ed è presente in quasi tutte  le regioni europee.

I maschi adulti hanno un peso che varia dai 160 ai 210 Kg., mentre le femmine possono pesare da 90 a 130 Kg.. La differenza tra i sessi si nota anche per le altre dimensioni: mentre i maschi sono alti al garrese da 110 a 135 cm., le femmine variano da 95 a 105 cm..

 

Caratteristiche

 

Ciò che contraddistingue a prima vista i maschi dalle femmine è la presenza del trofeo, detto tecnicamente “palco”, che varia in peso e dimensioni con il variare dell’età e della salute fisica di ogni individuo. È interessante il fatto che molte caratteristiche individuali del trofeo, come particolarità evidenti nella forma, nella simmetria e nelle caratteristiche del trofeo, si ripetono ogni anno, così che possono essere considerate caratteri distintivi individuali, in grado di aiutarci ad identificare ogni singolo maschio negli anni. Un aspetto, questo, assai importante se si vogliono effettuare osservazioni nel corso della vita dei singoli individui; cosa che non può essere valida per il capriolo, l’altro rappresentante della famiglia dei cervidi presente in maniera consistente nelle nostre vallate.

Il palco non è però presente nel cervo in ogni stagione. Si tratta infatti di un elemento distintivo della specie che ogni anno “cade”, nel corso della primavera, a partire già da fine febbraio per gli individui più vecchi, periodo che si protrae fino a maggio giugno per i più giovani. Subito dopo la caduta inizia il processo di ricrescita di un nuovo palco.

Come i cervi riescano a produrre una così grande massa di materiale osseo (sali minerali) in soli tre o quattro mesi, è stato da sempre una specie di mistero, in quanto il cibo assunto in quel periodo non può in alcun modo soddisfare tali forti esigenze. Oggi sappiamo che la grande quantità di calcio che serve a sviluppare il palco viene riassorbita dall’animale da tutto il sistema scheletrico, in maniera distribuita, come se si trattasse di un utilizzo immediato di risorse accumulate in precedenza. Si spiega dunque come la bellezza e l’imponenza del trofeo, nei maschi adulti, dipenda molto anche dal loro stato generale di salute durante tutto il periodo dell’anno.

Certi animali adulti, con buone caratteristiche genetiche individuali ed ereditarie e in ottimo stato di salute, possono portare trofei che superano anche i 10 Kg. di peso, mentre mediamente, in cervi adulti in buono stato di salute, pesano attorno ai 5/6 Kg.

Nella terminologia tecnica tutte le punte del trofeo hanno un nome particolare. Partendo dalla base del corno, in ordine, le prime tre punte, tutte rivolte in avanti, sono chiamate rispettivamente pugnale, ago e pila, mentre la parte superiore del trofeo, ricca di punte solamente negli animali più maturi e più forti, dai quattro cinque anni in su, viene denominata corona. Alla base di ogni corno è presente una “rosa”, sotto la quale c’è il punto d’innesto del corno sul supporto osseo craniale.

La femmina è più longilinea ed è sprovvista di palchi.

vita sociale

Ciò che contraddistingue l’attività quotidiana del cervo è il suo senso del pericolo, la sua scaltrezza nell’identificarlo ed il suo innato istinto alla fuga.

I cervi, a differenza dei caprioli che sono animali piuttosto solitari, sono in genere animali parzialmente gregari, ad eccezione dei maschi adulti. Questi  li troviamo  spesso soli a vagabondare sul territorio, alla ricerca di pascoli tranquilli e di zone non disturbate dall’uomo. Sono infatti sensibilissimi alla sua presenza, che identificano subito come possibile fonte di pericolo, tanto da essere indotti ad abbandonare anche per lunghi periodi quei luoghi dove la presenza umana si fa intensa e persistente.

Per le femmine il discorso è un po’ diverso, in quanto esse costituiscono il nucleo base della popolazione e vivono in gruppi familiari anche numerosi. All’interno di questi gruppi il vincolo più forte è quello che si instaura tra le femmine e il piccolo dell’anno, accompagnate spesso dal loro giovane nato l’anno precedente, una femmina, detta “sottile”, o un giovane maschio, detto “fusone”, riconoscibile in quanto il suo trofeo è costituito da due punte semplici, senza ramificazioni e senza “rosa” alla base.

Il tempo delle nascite si colloca da fine maggio a giugno, con possibili ritardi in quanto, se a fine settembre - ottobre le femmine non vengono coperte durante il primo estro, esse tendono a ripeterlo ad intervalli di circa tre settimane, finché non avviene la fecondazione.

Il legame tra la femmina madre e il piccolo è strettissimo. Questo viene incessantemente sorvegliato, anche se nel primo periodo se ne sta per lungo tempo coricato, ben nascosto sotto i rami di un cespuglio o tra le alte erbe, mai all’aperto per la paura dei predatori, sempre ad una certa distanza da dove la mamma pascola o riposa. Solamente dopo il primo mese di vita lo vediamo sempre più spesso trotterellare al suo fianco, distaccandosene raramente. L’imprinting e il riconoscimento reciproco avviene fin dalla nascita attraverso il leccamento del muso, che comporta anche il marcamento reciproco con gli umori delle ghiandole preorbitali.

Escluso il periodo del parto e dello svezzamento, le femmine costituiscono dei “clan” familiari, i cui individui sono quasi sempre legati tra loro da legami matrilineari. All’interno del clan vige una gerarchia che riconosce alla femmina più vecchia, specialmente se è anche madre, il predominio sulle altre.

Anche i maschi giovani, di circa 2 /3 anni, tendono a costituire branchi, all’interno dei quali si trovano spesso anche animali più vecchi, in un rapporto che tende a rispettare l’andamento della popolazione del territorio. All’interno dei branchi di maschi vige una rigida gerarchia, che riconosce al più anziano l’autorità e la decisione sugli spostamenti.

Man mano che ci si avvicina al periodo degli amori,  fine settembre / ottobre, gli animali più anziani, ai quali è affidato il compito riproduttivo della popolazione, si allontanano dagli altri e divengono solitari e territoriali, avendo come obiettivo primo quello di radunare un certo numero di femmine che costituiranno il loro “harem”.

Il periodo degli amori è il momento  più emozionante della stagione del cervo. È il periodo del “bramito”, quando i maschi adulti “marcano” con emozionanti emissioni sonore il loro territorio e segnalano ai giovani di tenersi lontani. Nei territori con popolazioni ben strutturate e numerose è possibile sentire echeggiare il loro richiamo da un versante all’altro delle valli, e ci auguriamo che ciò presto possa avvenire anche nelle nostre vallate, a condizione che la maturità dimostrata in questi ultimi anni di gestione da parte di molti cacciatori del comprensorio alpino Valle Brembana si possa affermare per l’intera comunità di cacciatori della valle.

Quando il numero dei maschi è significativo, questo è anche il periodo delle sfide. Gli animali più forti, dai cinque agli otto anni, tendono a sfidarsi tra loro per la conquista e la difesa dell’harem, e le lotte che ingaggiano sono spesso estenuanti e faticose, fino a quando il più forte riesce a mettere in fuga il contendente. Anche tra i giovani, più per gioco che per interessi di accoppiamento, in quanto essi non sono in grado di radunare e di disporre di nessun gruppo di femmine, succedono spesso delle scaramucce, che servono per lo più a saggiare la forza reciproca e a definire le prime gerarchie.

Al termine del periodo degli amori, quando ormai la neve e il gelo rendono sempre più inospitali i territori più elevati e i versanti a nord, i gruppi di cervi, in questa stagione misti e più numerosi, scendono più in basso e scelgono territori diversi, più esposti a sud, detti quartieri invernali, dove passare i mesi più freddi.

 

 segni della sua presenza

 

Normalmente è assai difficile individuarne la presenza. Le sue impronte sul terreno, che vanno dai 4/5 cm. di lunghezza per 3,5/4 cm. di larghezza per i giovani cerbiatti, fino alla lunghezza di 8/9 cm. e alla larghezza di 6,5/7 cm. per i maschi di almeno 10 anni, ci può capitare di vederle solamente in situazioni favorevoli, dopo una spruzzata di neve o nei tratti di terreno argilloso e bagnato, altrimenti non è facile rinvenirle.

Altre tracce da valutare con attenzione sono i fregoni sui rami bassi degli alberelli o sui loro tronchi, specialmente nel periodo in cui i maschi “puliscono” il trofeo dal velluto che li ha ricoperti per tutto il periodo della crescita. Pulitura che avviene per i più vecchi già a fine giugno, e termina, per i più giovani, in agosto, e si colloca sempre oltre i 60/70 cm. dal suolo. Fregoni che i maschi adulti protraggono fino al termine del periodo degli amori, per marcare il territorio.

Altre tracce significative sono il brucamento dei germogli, specie di alberi giovani, con grave danno per il normale rigenerarsi del bosco, e gli scortecciamenti, che avvengono per motivi alimentari, sia nel corso dell’inverno per carenza alimentare, sia in estate, quando la necessità di apporto di alimenti ricchi di cellulosa è elevato, e i germogli di resinose in genere e i vegetali legnosi e semilegnosi rappresentano anche più del 50% della loro dieta giornaliera.

 

Considerata l’importanza che rivestono, nel contesto del patrimonio naturalistico della nostra valle, tutte le popolazioni di ungulati presenti, il problema per gli anni futuri riguarderà sempre più la loro gestione, affinché con oculati interventi di controllo della popolazione, affidate ai Comprensori Alpini, non vengano alterati, a danno dell’ambiente boschivo o di altre popolazioni animali, i delicati equilibri che regolano la vita del bosco, e in genere della vegetazione, e la vita delle popolazioni faunistiche che vivono nelle nostre vallate e sulle nostre vette.    

 GALIZZI FLAVIO